Il castigo

“Se Dio non esiste tutto è permesso”: il frutto della negazione di Dio per il vero ateo è la liberazione da ogni legge morale. Ma cosa accade in uomini come Raskolnikov o come Ivan Karamazov? Vengono distrutti, alla fine, dal delitto che hanno compiuto. Elimina Dio dalla vita e la voce della coscienza si farà sempre meno imperiosa. Non sono certo la società e lo Stato ad impegnare la coscienza dell’uomo, a “legare” la sua libertà. È il cuore del dramma dell’uomo di oggi. Ma c’è qualcosa nell’uomo che ha peccato che gli impedisce alla fine di accontentarsi dei vari surrogati al perdono di Dio. È il trovarsi con se stesso, con un se stesso divorato dalla potenza distruttiva del rimorso. Il castigo che segue al peccato – come hanno ben visto Manzoni e Dostoevskij – “precede la condanna di ogni tribunale ed è più terribile di ogni condanna. È questo “castigo” la prova di Dio. Il peccatore può non riconoscere Dio nel suo castigo, ma se l’uomo non può impunemente offendere la legge, senza che il delitto ricada su di lui, la distruzione psicologica che segue al delitto afferma ugualmente la “divinità della legge””

[D. Barsotti, Dostoevskij. La passione per Cristo, Edizioni Messaggero, Padova 1996, 182 http://www.caffarra.it/incontro161110.php#sthash.Bz7vw7SI.dpuf

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