Lanfranco Pace. Volevo fare un passo indietro perché la “Leggenda del Grande Inquisitore” non è che capiti così per caso, parte da una contestazione di Dio. Ivan chiede al fratello Alësa se gli paia armonico e divino questo progetto in cui ci sono sofferenze, lacrime e morti e il dolore degli innocenti, che poi è la critica classica degli atei e degli agnostici alla teoria del disegno divino creatore.
Ferrara. Anche di Vito Mancuso.
Pace. Anche di Vito Mancuso, è la cosa più ricorrente.
E Ivan racconta del bambino di otto anni che è servo di un signore, lancia un sasso, ferisce un cane alla zampa e il signore dà il bambino in pasto ai cani. Allora Ivan, ed è una cosa agghiacciante, dice che quando la madre si abbraccerà “con l’aguzzino che ha fatto sbranare ai cani il figlio suo e tutti e tre inneggeranno fra le lacrime ‘Giusto sei tu o Signore’, allora si toccherà l’apice della conoscenza e tutto sarà chiarito. Ma appunto qui è l’inciampo, appunto questo io non posso accettare, a questa suprema armonia oppongo un netto rifiuto, perché non vale essa delle povere lacrime, foss’anche di quel bambino solo, non vale perché quelle piccole lacrime rimarranno irriscattate”. In altri termini si dice:
“Chi ha il diritto di perdonare?”. E lui chiede che non si perdoni, rovesciando questo nostro contemporaneo buonismo. La risposta ovviamente è che il diritto di perdonare ce l’ha Dio…
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