“Supponi” chiede Ivan ad Alesa “che fossi tu stesso ad innalzar l’edificio del destino umano, con la meta suprema di render felici gli uomini, di dar loro, alla fine, la pace e la tranquillità: ma, per conseguire questo, si presentasse come necessario e inevitabile far soffrire per lo meno solo una minuscola creatura (..) e sulle sue invendicate povere lacrime fondare codesto edificio: consentiresti tu a esserne l’architetto a queste condizioni? Parla senza mentire. – No, non consentirei – disse piano Alesa”
(Fedor Dostoevskij: I fratelli Karamazov. Einaudi)
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